Sconto fino al 60% sugli oneri di urbanizzazione e incrementi volumetrici fino al 20%.
Il 12 novembre il Consiglio Regionale delle Lombardia ha approvato la Legge per la rigenerazione urbana, che modifica la Legge 12/2005, a completamento della strategia regionale per la riduzione del consumo di suolo.
L’obiettivo è facilitare e rendere più convenienti gli interventi di rigenerazione urbana nelle aree dismesse e di recupero edilizio degli edifici rispetto alle costruzioni ex novo.
La legge individua misure di incentivazione come riduzione di oneri o bonus volumetrici, così da rendere più convenienti i progetti di rigenerazione urbana e di recupero del patrimonio edilizio.
Tra gli incentivi previsti, uno sconto fino al 60% sugli oneri di urbanizzazione e la possibilità di incrementi delle volumetrie fino al 20%, a fronte di tutta una serie di prescrizioni che comporteranno, in sostanza, il miglioramento delle condizioni degli edifici innanzitutto dal punto di vista energetico e della sicurezza.
Sono state anche introdotte semplificazioni procedurali per rendere più veloci i processi (procedura per individuare gli ambiti di rigenerazione, per recuperare immobili dismessi, per i cambi d’uso, normativa sugli usi temporanei) e, in allineamento alla normativa edilizia statale, deroghe alle norme edilizie (distanze, altezze).
Sono, inoltre, stati previsti l’istituzione di un fondo per finanziare interventi di rigenerazione, studi di fattibilità e strumenti finanziari innovativi per il partenariato pubblico privato.
Gli interventi si pongono l’obiettivo di risanare singole case o porzioni di quartieri, realizzando iniziative di rigenerazione con ricadute positive su abitabilità e attrattività dei centri abitati (anche in termini turistici e non solo urbanistici), nonché sul piano della sicurezza e della vivibilità urbana.
Viene incoraggiata la trasformazione di aree con spazi verdi, servizi e infrastrutture. I progetti dovranno rientrare nelle previsioni dei piani territoriali, rispettando la già operante legge sul consumo del suolo e dovranno essere in armonia con la carta di consumo del suolo che i Comuni dovranno realizzare, una sorta di censimento degli immobili abbandonati o dismessi da aggiornare annualmente.
La Regione assumerà il ruolo di “regista” e coordinerà le operazioni, lasciando il potere di dare il via all’iniziativa ai privati proprietari e ai Comuni. I primi potranno segnalare situazioni di particolare criticità (edifici fatiscenti e non abitati da almeno cinque anni), mentre i secondi potranno vagliare le istanze e inserire il progetto di recupero negli appositi piani annuali. Il privato che non dovesse procedere nei tempi dati a fronte di un progetto di rigenerazione che risolva problemi di sicurezza o di degrado, potrà essere destinatario di penali, fino all’esproprio nei casi più gravi.
Con un successivo regolamento regionale dovranno poi essere stabiliti i criteri di riferimento per attribuire ai Comuni la possibilità di modulare gli incrementi volumetrici per interventi sul patrimonio edilizio esistente, tenendo conto di specifiche situazioni territoriali.
Altro obiettivo che la legge si prefigge di raggiungere, è la lotta alla burocrazia per garantire agli investitori tempi certi per la realizzazione degli interventi, una volta dichiarato lo stato di degrado di un immobile attraverso perizia giurata e asseverata.
Le disposizioni e le agevolazioni della legge si applicheranno agli immobili in stato abbandonato da almeno cinque anni e al fine di beneficiare delle agevolazioni previste è concesso al proprietario un arco di tempo massimo di dieci anni per poter avviare interventi di rigenerazione e ottenere le premialità previste.
La norma finanziaria prevede un primo stanziamento iniziale di due milioni di euro, che serviranno per promuovere soprattutto i censimenti comunali. Poi si procederà con piani annuali cui concorreranno le risorse statali e regionali per somme da definire in base alle necessità.
Secondo i dati del Dipartimento di Architettura e studi Urbani del Politecnico di Milano, aggiornati al 29 ottobre 2019, in Lombardia esistono 3.393 aree dismesse che occupano una superficie di 4.984 ettari e distribuite in 650 Comuni. Il 33% della superficie “dismessa” è localizzata a Milano e provincia, con 988 aree coinvolte; segue Brescia con il 14% e 276 aree, quindi Mantova con il 10% e 201 aree. Troviamo poi con il 9% Pavia (299 aree) e Varese (246 aree). L’8% della superficie dismessa è localizzata a Bergamo e coinvolge 237 aree, il 5% a Monza e Brianza con 489 aree prevalentemente di piccole dimensioni, il 4% a Lecco (289 aree) e a Cremona (95 aree), il 2% a Como con 153 aree. Infine solo l’1% della superficie regionale dismessa interessa rispettivamente i territori di Sondrio (88 aree) e Lodi (32 aree).
Sempre secondo i dati del Dipartimento di Architettura e Studi urbani del Politecnico di Milano, in Lombardia ci sono anche 914 siti da bonificare, quasi la metà dei quali (ben 425) localizzati nella Città metropolitana di Milano, a cui si aggiungono i 188 del capoluogo milanese. A seguire Varese con 86 siti da bonificare, Bergamo con 85, Brescia con 76, Monza e Brianza con 49, Pavia con 46, Mantova con 42, Como con 36, Lodi con 34, Lecco con 24, Cremona con 8 e Sondrio con 3.